Marzo 29, 2024

La tradizione funebre egiziana: un bozzolo per proteggere l’anima

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L’Africa si è sempre distinta come una realtà capace di offrire un grande omaggio alla vita dei grandi personaggi del tempo. Gli antichi egizi, per esempio, in seguito all’atto cruciale della morte, credevano in maniera ferma nella permanenza dell’uomo e della sua essenza spirituale sulla terra. A tal proposito, le prime civiltà lungo il fiume Nilo, iniziarono a sviluppare un articolato rito funebre, il quale gli avrebbe garantito in piena serenità l’eternità dopo la morte. Per assicurarsi un posto nell’aldilà, la popolazione egizia presentava i defunti attraverso il processo complesso della mummificazione, con il fine di consentire all’anima di vivere nel corpo imbalsamato. Per rendere la permanenza più piacevole possibile, ai morti veniva fornito tutto quello che poteva essere utile dopo il trapasso dalla vita alla morte: numerosi elaborati funebri venivano rinchiusi dentro il sarcofago insieme a gioielli e pietre preziose. Le tecniche di conservazione del corpo erano prestigiosissime e potevano essere implementate per vie naturali, attraverso l’uso di tombe sabbiose (che conducevano una mummificazione naturale) o della pratica dell’imbalsamazione, la quale non sappiamo ancora oggi come veniva praticata.

Il processo di mummificazione

Le mummie dell’epoca preistorica nacquero in maniera del tutto casuale, perché la mummificazione, come tecnica di imbalsamazione artificiale, si presentò ufficialmente per la prima volta sotto la IV dinastia dei sacerdoti egiziani. Come prima operazione i sacerdoti rimuovevano tutti quegli elementi organici, tranne il cuore, che potevano compromettere la conservazione dell’epidermide e dei tessuti della pelle. Il cuore era l’unico organo che veniva mantenuto, a causa del fatto che avrebbe avuto un ruolo importante per il raggiungimento della vita ultraterrena: la forza del cuore avrebbe dato la giusta spinta al defunto per vivere in una dimensione altra. A conclusione di questa prima fase, il cadavere veniva lasciato essiccare con del natron, per poi essere avvolto mediante lunghe bende di lino. Gli organi, una volta estratti, venivano deposti in vasi separati, vicino la bara adiacente al sarcofago e ciò si è scoperto grazie ai vasi canopi pregiati vicino le sale di Tttankhamon, oggi conservati al museo Egizio del Cairo. Sulla testa della mummia veniva, a conclusione del processo, adagiata una maschera mortuaria, la quale aveva la finalità di sollecitare lo spirito del defunto a riconoscere il suo corpo.

La fase cerimoniale

Durante un rito commemorativo egizio, tutti i partecipanti erano tenuti a portare dei doni, specialmente di carattere alimentare. I doni e le cerimonie avevano il compito di proteggere il defunto nel corso del suo viaggio verso l’aldilà. Per un supporto più concreto, oltre ai testi rituali, sopra il corpo del defunto, venivano deposte delle immagini decorative, per dare una valenza estetica alla ritualizzazione dell’anima. Una fase conclusiva del rituale era quello dell’apertura della bocca, che veniva compiuto prima che si chiudesse la sepoltura, in modo da solleticare i sensi del defunto nell’aldilà. Infine, al cospetto del defunto presiedevano le divinità, che decidevano se il viaggiatore verso l’aldilà meritasse la vita eterna.  Il dio pesava il cuore e, se questo fosse stato abbastanza leggero, allora l’anima avrebbe trovato la giusta strada. Oggi il modo di rendere omaggio ad un nostro caro è totalmente diverso rispetto a quello praticato dagli egizi: Cattolica san Lorenzo offre servizi funebri a Roma con l’obiettivo di ritualizzare in chiave moderna, l’ascesa dell’anima nell’aldilà. Passato e presente trovano sempre una congiunzione, se non con gli stessi mezzi, quantomeno con gli stessi fini.

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